
L’ARTE COME TERRITORIO DI CONQUISTA. DECOLONIZZANDO L’OPERA
Gli ultimi anni, soprattutto in Europa, rappresentano un momento storico importante per quanto riguarda l’agitazione pubblica e il ritorno alla strada da parte dei movimenti di rivendicazione sociale e ambientale.
Questo ha comportato, come prevedibile, un interesse sempre più acceso da parte del sistema dell’arte verso quelle forme di arte attivista o arte politica, tanto che bandi per artistə, mostre istituzionali, biennali, gallerie e musei, stanno esplicitamente fomentando la produzione di arte “impegnata” e usando con sempre più disinvoltura l’ambiguo termine “artivismo”.
Se da un lato tutto questo interesse potrà sembrare un segnale di attivazione di coscienza del sistema e delle persone e quindi un positivo strumento di diffusione di temi oggi importanti e urgenti, dobbiamo assolutamente tenere conto anche del modo in cui un mercato funziona.
Il mercato vive grazie ad un meccanismo di compravendita, e per fare questo c’è bisogno di prodotti (o servizi) che una volta prodotti, saranno venduti. E’ una dinamica inevitabile se ci si trova all’interno di un sistema che si costruisce sulla creazione di capitale. Il rischio, per l’artista e tutto l’ecosistema indipendente e istituzionale che rodea la sua esistenza, è quello di strumentalizzare le istanze politiche che si propone di supportare.
Nel disperato tentativo di sopravvivere nello spietato ed esclusivo sistema dell’arte, l’artista corre il rischio di utilizzare i temi che questo o quel bando gli chiedono di esplorare, per la pura produzione di un oggetto destinato a produrre un valore economico. Nulla di più lontano dalle lotte sociali e ambientali, storicamente e logicamente nate in opposizione alle diseguaglianze e all’oppressione scaturite naturalmente dal capitalismo.
Come decolonizzare quindi l’azione dell’arte dai tentacoli insidiosi delle pretese del mercato?
Un’opera che nasce da un’intenzione reale di prendere parte ad un movimento e che fa sue le rispettive rivendicazioni, dovrebbe venire da un persona che è realmente coinvolta nella stessa lotta. L’artista quindi, prima di tutto, dovrebbe stare per le strade. Quelle rivendicazioni dovrebbero essere le sue.
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